8° - DOPO I CONTI DI VENTIMIGLIA

                              DOPO I CONTI DI VENTIMIGLIA

Dopo il periodo glorioso dei Conti, Ventimiglia conobbe un nuovo tipo d’esperienza, quella del “Libero Comune” che intorno al 1200 entrò in contesa con i feudatari, anche tra le fazioni si ebbero contese, tra le quali si ricordano quelle che opposero “Guelfi a Ghibellini”.
Data l’importanza strategica della città di confine, e proprio in seguito a queste contese, la forte Repubblica Marinara di Genova prese lo spunto per intervenire ed espandere il suo dominio all’estremo Ponente Ligure.
Nonostante la diversa e maggior forza militare la città resistette vigorosamente agli assedi, sino a quando la resa non fu inevitabile, forse a causa di vicende ancora poco chiare (come l’inquinamento di pozzi da parte di Untori (diffusori di Peste)).
Dal 1261 la forte Ventimiglia divenne baluardo di Genova contro i Savoia che cercavano uno sbocco sul Mar Ligure.
L’evoluzione storica di Ventimiglia poco dopo il X secolo fu caratterizzata da costruzioni in arte romanica quali la chiesa Cattedrale, il Battistero, la chiesa di S. Michele, il Castello D’Appio.
Dalla metà del 1200 la città iniziò la sua storia genovese divenendo “Capitanato” da cui dipendevano, Airole, Caporosso, Vallecrosia, S. Biagio, Soldano, Borghetto, Vallebona, Bordighera e Sasso, dette anche “Gli Otto Luoghi.”.

Al Capitanato di Ventimiglia, secondo divisioni politiche non erano più legate: Dolceacqua, Isolabona, Apricale, Perinaldo, Pigna, Rocchetta Nervina, sia Castelvittorio soggetto alla diretta sorveglianza Genovese.

                               ILCONVENTO AGOSTINIANO DI VENTIMIGLIA
                                                                     E
                                            LA BIBLIOTECA APROSIANA

Sulla riva orientale del Roya esisteva un piccolo complesso d’abitazioni che prendeva il nome dalla fortificazione genovese eretta sul colle di Siestro “la Bastia”.
Il piccolo nucleo di persone che vi abitava, cercò d’avere una piccola cappella nella quale dire le devozioni nel caso in cui il fiume Roya (allora molto impetuoso) avesse loro impedito l’attraversamento del ponte di legno per accedere a Ventimiglia (alta).
Nel 1349 in seguito ad un lascito del nobile Intemelio Babilano Curlo fu edificata una cappella intitolata a S. Simone (Simeone), il nobile lasciò pure una somma vincolata affinché suo fratello Nicolò, frate degli Eremitani di S. Agostino erigesse un convento.
Tale desiderio fu esaudito in seguito, dopo il rilascio della “Licenza” di Papa Innocenzo VIII al Vicario Generale dell’Ordine degli Eremitani di S. Agostino.
Il 22 Novembre 1487 il Vescovo di Ventimiglia Alessandro di Campofregoso posò la prima pietra della chiesa del convento intitolata a “Nostra Beata Maria Della Consolazione”, vero titolo della chiesa di S. Agostino.

Sulla sinistra della chiesa a Levante sorgeva il convento provvisto del giardino a pianta quadrangolare di circa 100 metri di perimetro, e quasi certamente dotato di un pozzo interno.
Davanti al convento vi era una Piazza al fianco della quale passava l’antica via romana, la linea del mare era assai più avanzata rispetto all’odierna.
I monaci si adoperarono per bonificare e mettere a cultura i prati che sorgevano alle spalle del convento, divenuti “Istitutori” della gioventù magnatizia di Ventimiglia, nel fervore culturale che ne seguì, realizzarono una piccola biblioteca favorita anche dai contatti con personaggi locali d’eccellente cultura.
Tuttavia, è solo dalla metà del XVII secolo che il convento ebbe modo di diventare celebre per la grande stagione culturale che vi avrebbe inaugurato Angelico Aprosio.

             

      

                   LUDOVICO ANGELICO APROSIO   detto “IL VENTIMIGLIA”

Angelico Aprosio nacque il 29 ottobre 1607 da Marco e Petronilla appartenenti a distinti rami del gran ceppo d’origine Romano Imperiale degli “APROSIO”.
Nonostante, la decisione dei genitori di farlo applicare allo studio di Legge o Medicina il giovane il 19 marzo 1623 vestì l’abito dei Frati Eremitani di S. Agostino.
Terminati i contrasti con i genitori, contrari a questa scelta, il padre, lo accompagnò a Genova “per fare il noviziato nel convento della Consolazione”, dove cambiò il nome di (Ludovico) in quello d’Angelico, l’Aprosio restò nella capitale ligure sino al 1626, rivelò però presto la volontà di non soggiornare troppo in uno stesso luogo,
convinti i superiori, si recò in Toscana dove dimorò a Siena presso il convento di S. Agostino.
Questo suo soggiorno si dimostrò molto importante per la sua formazione culturale, tra le tante amicizie acquisite, una in particolare, quella d’Alcibiade Lucarini professore di Diritto, grazie al quale s’aprirono per lui le porte abbastanza esclusive dell’importante Accademia degli Intronati.
Intorno al 1629-30 scrisse la sua prima vera opera, “La Sferza Poetica”, fu poi incaricato “dell’Ufficio di Lettore” a Monte S. Savino, strinse amicizia con Pier Francesco Minazzi che gli insegnò i misteri dei cronogrammi, delle scritture cifrate ed altro.
Nel 1634 rientrò a Genova dove rimase sino al 1637, qui strinse amicizia con Alessandro Spinola futuro Doge, inaugurò la propria attività d’Editore Critico, ma, in contrasto con i confratelli ottenne infine la licenza di congedarsi dal Genovesato.
Si spostò poi a Treviso, in quel periodo lesse molti libri anche d’autori proibiti, terminò quindi la sua ricerca sui punti fondamentali del “mistero”, in seguito a questa sua ricerca raccolse una miriade di libri, raccolse ogni stranezza, assetato di conoscenza il giovane agostiniano andava raccogliendo quell’incredibile bagaglio di nozioni che lo avrebbero poi guidato all’organizzazione della biblioteca di Ventimiglia.
Dopo alcune vicissitudini nel 1641 si recò a Venezia sua meta prediletta e allora definita “Regina delle Stampe”, per evitare spiacevoli inconvenienti rimase tranquillo per un certo periodo, poi prese ad uscire e diventò presto abituale e ambito frequentatore dei “salotti Letterati”.
Divenne assiduo e attento frequentatore dell’importante stamperia di Matteo Leni e Giovanni Vecellio, conobbe i più rinomati Librai o Editori della città, tra i quali Giovanni Gherigli che gli fece dono di preziosi libri italiani e stranieri, che andarono a costituire il primo importante nucleo della futura biblioteca Aprosiana.
L’Aprosio tornò definitivamente a Ventimiglia nel 1648, e, nonostante la fredda accoglienza dei confratelli riuscì, anche grazie all’amico Ottavio Martini Vicario Generale, ad ottenere un’apparente collaborazione.
Per la mancanza di fondi e dopo alcune controversie il Priore Fabiano Fiorato propose all’Angelico di utilizzare alcune stanze, che furono adattate e provviste di scaffalatura a spese dell’Aprosio, la “Biblioteca Aprosiana”contava allora già miglia di libri.
Fu richiamato a Genova, espletata la carica di Vicario Generale il 25 aprile 1654 rientrò a Ventimiglia, qui si rese conto che ormai lo spazio utile per la Biblioteca era diventato insufficiente perché molti nuovi libri si erano aggiunti alla già numerosa collezione, anche a seguito di numerose importanti donazioni.
Dopo alcune controversie con il Priore a lui ostile, per sentenza del Vicario la Biblioteca fu costruita e completata il 29 dicembre 1661.
Il frate concentrò ogni sforzo sul potenziamento della biblioteca, comprò e si fece regalare libri, usò ogni astuzia, raccolse testi sempre più rari e importanti, si accontentava anche di volumi malmessi che restaurava con perizia.
Ormai, nel mondo ufficiale dei letterati la biblioteca era conosciuta come “l’Aprosiana”, un centro di riferimento culturale per i“Dotti europei”. La collezione vantava opere di vario argomento, alcune di rara eccezionalità.
L’Angelico morì il 23 Febbraio 1681 per un attacco di febbre terzana, il confratello Gandolfo proseguì per un certo tempo la sua opera prima di recarsi a Roma dove rimase.
Verso la fine del 1700, Padre Prospero Semino fu incaricato dal Direttorio della Repubblica napoleonica di “trarre” materiale librario dalla biblioteca Aprosiana per incrementare la Biblioteca Nazionale Ligure di Genova, molte opere confluirono in collezioni private come quella di Giacomo Filippo Durazzo.
Nel 1747 gli austriaci asserragliati nei locali della “Biblioteca Aprosiana”, contrapposti ai francesi, fecero molti danni distruggendo e bruciando i libri per scaldarsi nelle notti fredde.
Nonostante, queste e altre vicissitudini la Biblioteca Aprosiana continua ad essere un monumento culturale, purtroppo oggi i volumi sono conservati nell’edificio di Ventimiglia alta che però poco si presta agli scopi stabiliti dal frate , come erano in origine nell’edificio da Lui ideato.