5° - CRONOLOGIA STORICA E "HANNO SCRITTO"

CRONOLOGIA STORICA

100.000 mila anni fa l’Homo Sapiens Sapiens inizia la sua migrazione dall’Africa verso Nord.                                                                                                                                                        65.000 "" Attraversa lo Stretto di Bab el-Mandeb
60.000 “ “ raggiunge ad Est la Mesopotamia.
50.000 “ “ attraverso lo Stretto di Gibilterra raggiunge l’Europa del sud
40.000 “ “ nell’Europa del sud si evolve nell’Uomo di Cro-Magnon.
25.000 “ “ abita stabilmente la regione ligure di Ponente ed ha raggiunto il Sud Italia.
20.000 “ “ L’homo Sapiens Sapiens si è evoluto e diffuso in Asia.
16.000 “ “ L’Uomo Ligure si è ulteriormente evoluto.
13.000 “ “ avvengono sconvolgimenti e catastrofi a livello planetario.
“ “ “ “ una parte delle tribù Liguri iniziano una migrazione verso il nord Europa
11.000 “ “ popolazioni mediorientali migrando raggiungono la Penisola Iberica.
9.500 “ “ una parte di questi emigranti raggiunge il sud della Francia e la Liguria.
7.500 “ “ i Liguri hanno acquisito nuove conoscenze e si sono ulteriormente evoluti.
5.500 “ “ avvengono nuove catastrofi, e un nuovo Diluvio.
“ “ “ “ avviene una nuova e ulteriore migrazione di popolazioni mediorientali.
“ “ “ “ nello stesso periodo inizia il ritorno dall’est Europa di popolazioni
discendenti per etnia da quei Liguri che 7.500 anni prima erano migrati verso nord seguendo il disgelo, sono definite “KURGAN”, da queste deriveranno le nuove componenti dei popoli europei, tra questi, gli Ittiti.
5.000 “ “ i Liguri hanno conquistato e raggiunto tutti i luoghi dei territori iberici, francesi e italiani, sono ancora l’unico popolo incontrastato che predomina in questa parte dell’Europa, altri popoli a partire da questa data subentreranno ad essi, anche se saranno della loro stessa etnia, questi formeranno i futuri popoli Occidentali.
3500 ” “ gli Ittiti si stanziano in diverse parti dell’Europa.
3000 ” ” i Greci sbarcano nel sud Italia.
3.000 “ “ compaiono i Celti nelle vicinanze dei fiumi Reno, Rodano, Danubio, essi sono una componente di derivazione etnica Kurgan, sviluppatasi in quei territori.
2.800 ” “ compaiono gli Etruschi.
2.500 ” ” compaiono i Galli, nome dato dai Romani ai Celti che abitano la Gallia,
nome probabilmente derivante dalla radice Indoeuropea kelh “essere elevato”, significato di derivazione antico-ligure, riferito a abitante dei monti o ai monti stessi. Così come dalla radice celtica gal “potere o forza” sono sempre un riferimento a significati riferiti alla cultura degli antichi Liguri.

HANNO SCRITTO:

NOTIZIE VARIE, TESTI E DATI STORICI SUI LIGURI, CHE CONFERMANO PUNTO DOPO
PUNTO CHE ESSI SONO I PRECURSORI DEGLI UOMINI E DONNE OCCIDENTALI

Dal file “htlm” AMBRONI – Epoca preromana.

Dal file “htlm”         -           Chi era Cozio

I territori delle alpi sono abitati dall’uomo fin dal paleolitico antico col passaggio di popolazioni nomadi di cacciatori.
Al termine delle glaciazioni, dal 10.000 a.c. fino all’epoca romana, col progressivo riscaldamento del clima si assistette ad una crescente presenza dell’uomo sulle alpi. Dopo la colonizzazione dell’età del bronzo, nell’età del ferro, a partire cioè dall’800 a.C., attraverso i passi alpini giunsero intense ondate migratorie dall’est europeo e dai territori transalpini di tribù celtiche di origine indoeuropea alla ricerca di terre da coltivare nella fertile e lussureggiante pianura Padana al tempo ricoperta da fitte foreste di farnie e pini silvestri (dal celtico pados, “pino silvestre”, deriva il nome della valle Padana ossia valle dei pini silvestri e l’antico nome del Po, “padus”), e da paludi. Questi popoli saranno chiamati “Keltoi” dai greci e “Galli” dai romani.
I Celti in realtà non erano un unico popolo, ma una moltitudine di tribù con le più disparate caratteristiche somatiche, comprendendo l’uomo basso di statura con carnagione scura per arrivare a quello alto di carnagione chiara. Non furono mai uniti politicamente, ma nell’Europa del tempo, condivisero caratteristiche comuni tali da farli sembrare un unico popolo.
L’arrivo di queste genti in Piemonte, come in tutto l’arco alpino, avvenne senza grande conflittualità, poiché l’integrazione con i popoli preesistenti fu pressoché totale, nel caso del Piemonte occidentale i Taurisci (Taurini) si sovrapposero al popolo preindoeuropeo dei Liguri attorno al V°-IV° secolo a.C.
A questi antichi abitatori delle alpi dobbiamo il notevole impulso alla pastorizia montana, che trasformò territori inospitali in verdeggianti pascoli, con una ricchezza di specie erbacee che rendono le alpi un territorio unico al mondo, un vero e proprio patrimonio dell’umanità. Il termine alpe deriva da “Alp” parola preindeuropea che significa “altura”.
I corridoi alpini furono teatro del passaggio di eserciti come quello cartaginese, guidato da Annibale, e dalle legioni di Roma. La spedizione annibalica e la conquista romana della Gallia Cisalpina, vennero descritte con interesse dagli storici antichi, e grazie alle loro testimonianze possiamo ricostruire l’antica suddivisione etnica della nostra terra. Il greco Polibio, nei capitoli 15 e 17 del suo libro “Storie”, ci offre una rapida descrizione dei popoli subalpini, citando i Taurisci (i Taurini), gli Agoni, i Lebeci e i Lai (i Laevi). Inoltre, aggiunge che erano stanziate numerose “altre tribù di barbari”, che vengono descritte più attentamente nelle opere degli storici a lui postumi, come Tito Livio, Plinio il Vecchio e Strabone, o elencate nelle iscrizioni dell’Arco di Augusto a Susa e nella “Sententia Minuciorum”.
Possiamo studiare attentamente queste nazioni sotto diversi profili, ricercando le loro origini celtiche o espressamente liguri, avventurarci alla scoperta della loro lingua per riconoscere le tracce ancora presenti nella toponomastica e nelle espressioni linguistiche locali odierne, le loro attitudini economiche ed i loro costumi, tutti argomenti che impegnano da tempo molti storici, linguisti, antropologi ed archeologi. Limitiamoci però nelle righe che seguiranno ad elencare sinteticamente la distribuzione di questi popoli sul territorio montano e pedemontano Piemontese, Valdostano e della rispettiva parte transalpina.

IL REGNO DI RE COZIO

Re Cozio, era capo di una confederazione di tribù di entrambe i versanti alpini. La data supposta di costituzione del regno è da collocare non prima del 218 a.C., poichè nei documenti che parlano del passaggio di Annibale non si fa cenno ad un regno alpino. Tramite i monumenti eretti da Augusto come il trofeo di La Turbie e l’arco di Susa, e ancora passi delle opere degli storici antichi è possibile dare un resoconto di quelli che erano i popoli di questo regno. Nel versante piemontese conosciamo il nome ed il relativo territorio dei popoli appartenenti a questa unità amministrativa, come i Segusini che abitavano Segusio, l’odierna Susa, il loro territorio spaziava da Ocelum collocata presumibilmente nella zona fra Avigliana e Villardora (forse coincidente con Ad Fines, luogo di culto e di pedaggio, l’odierna Drubiaglio), al colle del Moncenisio. Altro loro centro importante e forse fortificato era Excigomagus da collocare presumibilmente nei pressi di Exilles. I Vennavi della Val Cenischia (da cui Venaus), i Belaci nel territorio tra Salbertrand e Bardonecchia, i Segovii stanziati nella conca di Goesao (Cesana). La Valle Chisone era popolata dagli Iemeri, la Valle Pellice dai Maielli, infine nella Valle del Po erano stanziati i Vibelli, da cui il nome latino di Forum Vibi, nei pressi dell’odierna Barge. Nel versante francese troviamo i Savincates presenti anche nell’alto corso della Durançe (da cui il toponimo Sauze, presente peraltro in ambo i versanti), i Caturigi posti nella città di Chorges (Caturigomagus) ove si sono trovate iscrizioni relative a loro, i Tebavi pare fossero nella valle dell’Ubaye. Gli Ectini e i Veamini nella valle della Tinèe, i Venisani fra il colle del Lautaret e Briançon, abitavano la Morienne e in particolare la valle dell’Arc da Aiguebelle al Moncenisio i Medulli, gli Adanates in luogo ad oggi sconosciuto, i Vesubiani nella valle della Vesùbie, i Quariati nel territorio del Queyras che porta il loro nome.

I TAURINI

Scoperte archeologiche recenti ed il rinnovato quadro di conoscenze sul Piemonte nell’età del Ferro rendono possibile un breve riepilogo delle notizie disponibili sui Taurini, una delle popolazioni più importanti delle Alpi Occidentali, ma di cui a tutt’oggi manca in bibliografia un preciso quadro storico di riferimento e, a causa delle carenze che hanno afflitto per lungo tempo la ricerca protostorica in Italia nord-occidentale, anche un’affidabile definizione archeologica. In realtà le stesse contraddizioni delle fonti, che definiscono i Taurini ora come un’antica popolazione ligure, ora come Celti provenienti dall’area alpina orientale, ora addirittura con l’ambiguo termine di “Semigalli”, trovano una composizione ed una spiegazione solo se confrontate con le risultanze archeologiche dell’ultimo decennio.
Ne emergono le tracce di una popolazione fiera e particolarmente caratterizzata che già in età romana all’insubre Plinio presentava peculiarità linguistiche subito registrate, che controllava i valichi delle Alpi e si opponeva con orgoglio alla potente lega degli Insubri, estesa da Bergamo a Vercelli. Questa ricorrerà nel 218 a.C. all’aiuto di Annibale per avere ragione dei Taurini, con la distruzione della loro capitale, non perfettamente coincidente ma prossima alla colonia romana di Augusta Taurinorum, e persa tra i lavori delle fortificazioni sabaude e l’espansione metropolitana di Torino negli anni ’60 – ’70.
La divulgazione dello stato della ricerca, pur con le sue tante incertezze ed i suoi pochi punti fermi, appare un passaggio indispensabile per sensibilizzare non solo i torinesi su una storia dimenticata e addirittura rimossa, che costituisce una parte indissolubile delle più profonde radici del Piemonte.
La pianura compresa fra l’imboccature della Valle di Susa e le colline del Po, era controllata dai Taurini, il cui nome deriva da Taur (monte), ovvero abitanti dei monti. Infatti questo termine indicava tutti i popoli celtici che abitavano le catene alpine (ad esempio i Taurisci del Norico). I Taurini erano Taurisci immigrati da Taurunum (nella valle dell’Enns nei pressi dell’attuale Belgrado), i quali giunti alla confluenza fra Po (Padus nell’antichità) e Dora (anticamente Duria, da “dur” ossia acqua, seguito dal suffisso “ia”) fondarono la loro capitale Taurunum, il primo nucleo dell’odierna Torino. Indubbiamente la loro posizione territoriale li rendeva egemoni su una vasta porzione dell’attuale Piemonte, e permetteva loro di controllare i passi alpini e le vie fluviali navigabili come il Po. Conosciamo il nome di alcuni vicani dell’area Taurina, come gli Airelaschi nei pressi dell’odierna Revigliasco (forse anche abitanti di Airasca), o i Supinensi (Stupinigi), mentre secondo alcuni studiosi il toponimo Santena deriverebbe da una “tribù” dei Galli Santoni, affermazione però che non è convalidata dalle fonti storiche. Infine la zona del Lingotto era abitata dai Lingoni, dai quali prese il nome.
Polibio (202 – ca 118 a.C.)
Storie, II, 15 “Ai due versanti delle Alpi, verso il fiume Rodano e verso la pianura di cui trattiamo, nelle zone ricche di alture e pianure, abitano: i Galli chiamati Transalpini, che risiedono nelle terre a settentrione intorno al Rodano, i Taurisci, gli Agoni e molte altre stirpi barbariche, poste nella pianura”
Storie II, 28 [battaglia di Talamone in Etruria, 225 a.C.] “I Celti disposero contro l’esercito che avanzava alle spalle, quello di Emilio, i Transalpini Gesati e con questi gli Insubri; contro quello che era di fronte schierarono i Taurisci ed i Boi Cispadani…”
Strabone (64 a.C. – 24 d.C.)
Geografia IV 6, 6 “Sull’altro versante, rivolto verso l’Italia, del territorio montuoso di cui ho parlato, abitano i Taurini, popolo ligure, e altri liguri. A questi appartiene anche la cosiddetta terra di Donno e di Cozio. Dopo di essi e del Po vi sono i Salassi…”
Geografia IV 6, 12 “… le Alpi… solo quattro varchi: quello più vicino al mar Tirreno attraverso i Liguri, poi quello attraverso i Taurini per il quale passò Annibale, poi attraverso i Salassi e quarto quello attraverso i Reti, tutti scoscesi…”
C. Plinio Secondo (Plinio il Vecchio) da Como (23 a.C. – 79 d.C.)
Storia Naturale III 123 “Dal Po la regione undecima è chiamata Transpadana… le sue colonie, a partire dalle radici delle Alpi, Augusta dei Taurini (da lì il Po diventa navigabile) di antica stirpe ligure”

CABURRI E BAGIENNI

Caburrum l’odierna Cavour era la capitale dei Caburri, ed il loro territorio si estendeva dalle pendici delle Alpi Cozie, all’alto corso del Po, confinando a nord con i Taurini. La pianura compresa fra le Langhe e le prime pendici delle Alpi Marittime era abitata dal popolo dei Bagienni, una ramificazione dei Caturigi (catu = guerrieri, rig = re, presenti anche in area lombardo-insubre, nella Gallia Belgica e nell’attuale Delfinato), i cui centri principali erano Carrea (Carrù, fortificazione di carri), Bagienna (oggi Benevagienna) e Baginas (dal loro nome nazionale).

SALASSI

I Salassi anche loro come i Taurini di stirpe Taurisca vengono citati per la prima volta da Catone poco prima del 150 a.C.. Il territorio dei Salassi comprendeva l’intera Valle d’Aosta e buona parte del Canavese. I confini con gli altri popoli erano segnati dallo spartiacque alpino, tranne il confine meridionale, forse delimitato dalla sponda settentrionale di un lago di origine glaciale, o di un’area palustre che si estendeva in buona parte del Basso Canavese. Il loro nome viene ancora conservato in alcuni toponimi moderni, come Salassa nella piana canavesana, o Salussola in Provincia di Biella. I Salassi fondarono alcuni centri fortificati, come Canava (identificata dagli studiosi locali come Cuorgné), da cui deriva il toponimo Canavese, o Cordela di più difficile identificazione (forse San Martin de Corleans, nei pressi di Aosta), mentre più discussa rimane l’origine di Eporedia (Ivrea). Plinio il Vecchio afferma che questa città venne fondata dal popolo romano per ordine dei Libri Sibillini, ma aggiunge che il suo nome deriva dalla voce gallica “eporedii” (domatori di cavalli), questo dato ci permette di supporre che la sua origine sia in realtà preromana. Ipotesi che viene avvalorata da Vallejo, il quale sostiene che il primo centro fortificato sia stato edificato dai Bagienni, un ramo dei Caturigi, appartenenti alla confederazione transpadana dominata dagli Insubri (Plinio, Naturalis Historia, III, 123). Probabilmente l’imboccatura della Valle d’Aosta era controllata dai Caturigi Bagienni che si erano inseriti nel territorio salasso, infatti sempre le fonti antiche indicano l’Eporediese come estremo confine occidentale dell’Impero Insubre.

I LIGURI MONTANESCHI

Con questa denominazione gli antichi raggruppavano diversi popoli delle Alpi Marittime, forse confederati fra di loro. Nella Valle Varaita alcuni cartografi prenapoleonici, collocarono i Galliti, nazione alpina citata nel Trofeo di La Turbie, ma tale ipotesi non può essere avvalorata dalle testimonianze storiche, mentre al fondo valle possiamo collegare il toponimo del paese di Brondello con quello dei Brodonti. La Valle Maira era popolata dai Veamini, mentre i Vergunni o Vercomori abitavano la Val Grana, più a sud le Valli Stura, Gesso e Vermenangna erano sotto il dominio dei Venini. L’alto bacino del Tanaro era sotto il controllo degli Epanteri, e sicuramente i Cebensi, gli abitanti dell’attuale Ceva, erano una loro ramificazione. Le imboccature di queste vallate, erano controllate dai Pedati nei pressi di Cuneo e dagli Auriati abitanti dell’antico territorio di Caraglio, infine i Soti ed i Turi, la cui collocazione geografica è rimasta ignota, forse nei pressi di Busca e Tarantasca vivevano i Turi, mentre i Soti possono essere collegati al toponimo Sottana, tipico del Monregalese.

LEBECI

Secondo Plinio questo popolo discendeva dai Sallui, originari dell’attuale Provenza, mentre Tito Livio distingue nettamente le due nazioni, aggiungendo che un ramo dei Lebeci o Lebui abitava la pianura compresa fra l’Adige ed il fiume Tartaro nell’attuale provincia di Verona. I Lebeci probabilmente erano alleati degli Insubri, ed il loro territorio era delimitato ad ovest dal basso corso della Dora Baltea, a sud il confine era segnato dal Po, ad est dal corso della Agogna, mentre a nord con l’insediamento di Victimula e gli Agoni. I loro centri principali erano Vercelli (Vercellae), Trino (Rigomagus, campo del re), e Lomello.

VICTIMOLI E AGONI

Questo popolo era insediato nell’attuale Biellese, spesso in conflitto con gli affini Salassi per spartirsi i proventi dei giacimenti auriferi della Bessa. Ictimula era la loro capitale, i cui resti non sono ancora stati scoperti, anche se alcuni archeologi localizzano questo centro nel comune di Mongrando. Alcuni studiosi di toponomastica fanno derivare il nome del torrente Elvo, dall’insediamento del popolo gallico degli Helvi, stanziati nella Valle del Rodano. Questa supposizione non viene convalidata direttamente dalle fonti, ma non può essere ignorata dato che molti popoli celtici transalpini, o loro frazioni, raggiunsero in più occasioni la pianura del Po alla ricerca di nuovi territori o per prestare il servizio di mercenariato. Il fiume Agogna è l’unico topomino che conserva il nome degli Agoni, popolo citato esclusivamente da Polibio nel capitolo 15 del Libro II delle “Storie”. È difficile identificare con precisione il loro territorio, che probabilmente doveva comprendere l’alta pianura tra il Sesia e l’Agogna e forse addentrarsi nella Valle Sesia (alcune pubblicazioni collocano i Focunati nella Valle Vogogna, Alta Valle Sesia).

I LAEVI IN TERRITORIO SUBALPINO

L’antico popolo dei Laevi era insediato nell’attuale Pavese e nella Lomellina, la loro capitale era Ticinum (Pavia), ma Polibio e Strabone aggiungono che erano attestati anche nella regione presso le sorgenti del Po. Levone e le Levanne, sono toponimi che ricordano lo stanziamento dei Laevi fino all’area canavesana alpina, quindi possiamo concludere che il loro territorio venne ridotto e diviso dall’invasione dei Lebeci.

ATIELLI, CAVATURINI, CASMONATI E BIMBELLI


Gli Statielli o Statellati, occupavano il territorio compreso a ovest e nord dal corso del Tanaro, a est dall’Orba, e a sud dal crinale appenninico ligure, la loro capitale era Crixia, distrutta a tradimento dai romani. Questa tribù esercitava sicuramente un controllo sulle altre popolazioni limitrofe, come i Cavaturini insediati nel territorio dell’odierna Cavatore, i Casmonati che abitavano l’area compresa fra la confluenza della Bormida con il Tanaro ed i Bimbelli della Valle Orba.

EBURIATI, MARICI, DERTUNNINI E LANGENSI

Gran parte del Monferrato odierno era sotto il dominio degli Eburiati, Buria (l’attuale Burio, nei pressi di Costigliole), era con Hasta (Asti), uno dei loro centri fortificati. A oriente degli Eburiati, risiedevano i Marici, popolazione menzionata più volte dagli storici antichi e spesso associata con gli affini Laevi. I loro territorio comprendeva la pianura alessandrina, ovvero il Marengo (nome che deriva appunto dai Marici, o come Pietra Marazzi, ovvero pietra dei Marici), il Casalese e parte della Lomellina. Forse i Gabieni (citati da Plinio), insediati nei pressi dell’attuale Gabbiano, erano una “tribù” associata ai Marici. Lungo il corso della Scrivia, erano stanziati i Dertunnini da cui il nome della romana Dertona, ovvero la moderna Tortona, mentre le terre più a monte erano abitate dai Langensi Veituri, nominati nella “Sententia Minunciorum”.

dal file "pdf "       -       SOTTOMISSIONE DEI LIGURI

I LIGURI

I Liguri erano un antichissimo popolo, le cui origini etniche, data la scarsità di documenti storici che li riguardano, restano ancora incerte. Infatti, mentre alcuni studiosi li ritengono di razza mediterranea, altri li considerano di razza indoeuropea. Dagli scavi archeologici risulterebbe che una loro zona d’origine fosse la zona paludosa del delta del Rodano, e una il litorale ligure.
La presenza in Italia dei Liguri è confermata nella fertile Pianura Padana, da cui verso il V secolo furono sospinti verso sud dall’irrompente avanzata dei Galli.
Dopo alterne vicende nel corso del III secolo, scacciati dalla Pianura Padana dall’avanzare dei Galli, i Liguri Apuani occuparono il territorio compreso tra l’Arno ed il Magra. In Versilia la presenza degli Apuani si manifesta all’interno di un sistema capillare di piccoli insediamenti collinari e montani come: Rocca di Corvaia, Valdicastello, Minazzana e perivano l’appunto Levigliani.
I Liguri avevano un’economia autarchica, infatti le loro attività erano legate principalmente all’agricoltura ed alla pastorizia. Attorno ad ogni villaggio si estendevano colture orticole e cerealicole, alle quali si univano le attività pastorali e di legnatico che venivano effettuati nelle terre della comunità de “Compasqua”. Nelle terre comuni si poteva anche dedicarsi all’attività della caccia e della pesca, ma soprattutto esse svolgevano un’importante funzione sociale poiché era in queste zone che la comunità si ritrovava per celebrare i propri riti religiosi (i loro idoli erano rappresentati dalle forze della natura come montagne, animali e astri), per stabilire regole, per risolvere liti e controversie o per decidere fonti, guerre ed alleanze.
Fieri della propria indipendenza e tenaci difensori delle proprie terre essi rappresentarono il maggiore ostacolo per l’espansione romana verso Nord e per questo furono definiti dallo storico romano Tito Livio (profondo conoscitore del territorio) come “durum in armis genus”. Le guerre romano - liguri, che si protraggono dal 238 a.C. alla metà del II sec. a.C., sono principalmente episodi di guerriglia che si svolgono prevalentemente in luoghi montuosi ed impervi dove i Romani vengono sistematicamente sconfitti da un nemico “sciolto e veloce che piombava loro addosso inaspettato.
Sembrerebbe che l’area ligure in età preromana fosse molto più vasta che non in età storica. I Liguri appaiono come uno dei grandi gruppi etnici dell’occidente ed una popolazione tra le più antiche della con penisola Italica.
Le fonti scritte greche e romane, letterarie, storiche, geografiche sui Liguri e sulla Liguria sono ricche di riferimenti storiografici, la prima opera in cui viene definito con esattezza il territorio la prima opera in cui viene de ligure è il Periplo dello Pseudo Scilace di Carianda, attribuita alla seconda metà del IV secolo a.C., secondo il quale si estendeva dal fiume Rodano ad Antion.
Polibio dà una descrizione precisa del territorio ligure:
gli Appennini a partire dalla zona di Marsiglia e dalla convergenza con le Alpi sono abitati dai Liguri, che ne occupano i due versanti, verso il mare Tirreno a sud, verso la Pianura Padana.
Questo storico considera dunque l’Appennino come l’elemento geografico principale ed unificatore dell’intero territorio ligure.
Strabone nel IV e V libro della sua nota Geografia opera di età augustea redatta probabilmente
nei primi decenni del I secolo d.C., parla ampiamente sia dei Liguri che della Liguria, riferendo uno
stato delle popolazioni riorganizzate amministrativamente dai Romani ma numerosi sono i riferimenti ad epoche precedenti. Strabone cita le città liguri sul mare: Genua, Savo, Vada Sabatia ( Vado Ligure), Albium Ingaunum ( Albenga), Albium Intemelium ( Ventimiglia).
Secondo Strabone la pastorizia era alla base dell’economia del mondo ligure.
Per Diodoro Siculo l’economia si basava non solo sul l’allevamento ma anche sulla caccia e la raccolta dei prodotti selvatici.
I Liguri vengono descritti come abili militari solo a piedi e difesi da scudi di bronzo. Il loro mercenarismo è noto ed è documentato presso i Cartaginesi, i Galli, i Greci e gli stessi Romani.
Le fonti storiche riferiscono che i Cartaginesi si rifornivano di mercenari sulle coste liguri, pratica che fu vietata a Cartagine dai Romani.
Sappiamo da Polibio che i Romani utilizzarono ausiliari liguri nella guerra contro Perseo di Macedonia nel 168 a. C. i quali combattevano con le loro armi tradizionali, tra cui lo scudo oblungo.
Posidonio di Apamea riferisce che i Liguri “ hanno un armamento per struttura, più leggero di quello dei Romani; li difende infatti uno scudo ovale, lavorato alla moda gallica, ed una tunica stretta in vita, ed attorno avvolgono pelli di era ed una spada di media misura.
Ma alcuni di essi per le relazioni con i cittadini, cambiarono tipo di armamento imitando i loro capi
Virgilio li definisce “ duri atque agrestes” e scrivendo “ adsuetumque malo Ligurem” ne ricorda l’abitudine a sopportare le fatiche.
Deduciamo che il mondo ligure all’epoca delle guerre con i Romani, tra il III e il II secolo a. C., era organizzato in raggruppamenti etnici, gli Ingauni, gli Intemelii, gli Staielli, i Genuates, comunità territoriali ormai stabili e facenti capo ad un oppidum egemone con funzioni di carattere urbano, altri numerosi raggruppamenti etnici con sviluppo caratterizzato da confederazioni tribali
come gli Apuani, i Friniates, i Bagienni, probabilmente prive di un oppidum capoluogo, da piccole tribù con un popolamento sparso per vicos et castella come numerose tribù delle vallate alpine.
La conquista e la romanizzazione del territorio ligure, avvenuta tra il III secolo a. C. e l’età augustea, fu preceduta da lunghi contatti commerciali.
Tra la seconda metà del III secolo a. C. e la prima metà del II secolo a. C.
è collocato il periodo che corrisponde ai momenti che precedono e accompagnano la conquista militare del territorio.
Le lunghe guerre del II secolo a. C. furono estremamente lunghe e difficili, in particolare
quelle contro le tribù della zona a Nord di Pisa e di Lucca per il carattere montagnoso delle zone dove si combatterono.

Dal file  "htlm"      -     LIGURI DAL MEDIORIENTE

Preindoeuropei - Indoeuropei

Nella ricostruzione che fanno, arrivano gli Indoeuropei ma qualcuno rimane in Europa e
italicamente parlando rimangono solo i Liguri a rappresentare il vecchio passato preindoeuropeo
(fanno parte del "popolo delle statue menhir" e queste statue abbondano nella regione intorno ai
monti-conoidi del fegato-mappa, non solo in valle d'Aosta e in Lunigiana, dato che ce ne sono
parecchie anche nella zona francese).
Tra parentesi i Semiti come al solito vengono relegati nell'angolo mediorientale, mentre
potrebbe essere quella semitica la lingua usata da queste popolazioni schiacciate a occidente
dagli Indoeuropei (prima del loro arrivo c'era continuità tra Liguri e Mediorientali, per cui
è sensato che parlassero una lingua semitica sia gli uni che gli altri).
- collegamenti "genetici" tra Europa e Medioriente ci sono ma risalgono alle epoche più
antiche
- la nuova cultura indoeuropea si inserisce nel mezzo di una civilta' europea-mediorientale, ma i
protagonisti di questa antica fascia non scompaiono
- i Liguri (espressione di un'antica unione culturale mediterranea-mediorientale) mantengono
il territorio ligure-italico fino ai giorni nostri, senza che nessun altro in tutti questi
secoli prenda il loro posto (meglio stare in pianura o sulla costa piuttosto che sulle Langhe-
Monferrato, il vecchio fondale del mare dove per decine e decine di chilometri non esistono le
pietre e la terra e' poco coltivabile (e' tutta sabbia e arenarie che con la pioggia si consumano)
- nel sito i Liguri (e tutti i "Cardiali") vengono chiamati Asianici e la loro origine
mediorientale e' quella del territorio semitico, per cui e' facilmente ipotizzabile che
linguisticamente siano legati (altrimenti che lingua parlano gli Asianici?, magari il "Sumero"?)
- la civilta' dei menhir e delle stele di questi "Asianici-Cardiali-Liguri" inizia a
rendersi evidente quando nel mondo stanno per comparire le grandi civilta' egiziana-
mediorientale
- se esaminate bene tutte le stele siamo di fronte a reperti che contengono simboli
pittografici precisi (la stele di Collorgues o quella di La Gayette è come se fossero i
cartigli egiziani di qualche regnante, con quei tre-quattro simboli che ne indicano il nome)
- tutte queste notizie "neolitiche" sono una novita' interdisciplinare che non esisteva nel
passato (le datazioni radiocarboniche ci sono solo dal 1965) e che ci permette di notare i
collegamenti semitici tra Europa occidentale e Medioriente (nei secoli successivi i Fenici
semitici occupano esattamente la zona mediorientale e quella europea occidentale con al
centro le popolazioni indoeuropee, proprio come descritto nella cartina e la cosa accresce il
legame tra i Liguri e il mondo fenicio-semitico)
- gli storici inglesi riportano che l'Italia e' stata invasa dai figli di Tubal e anche questa
notizia ricalca la situazione geografica neolitica
- il legame tra il mondo mediorientale e i Liguri è diretto e molto piu' antico di quello che
viene a crearsi con le nuove popolazioni che arrivano in Italia (se anche un termine o un
concetto e' resistito nei secoli, arrivando in Italia per vie traverse, la stessa tradizione
mediorientale era gia' esistente in Europa in forma diretta)
- la stele-menhir di Venaissine ha il simbolo dei due occhi e un nettissimo simbolo "asterisco" (la
massima divinita' sumera, qualunque fosse la sua fonetica primordiale)

dal file "html"    -      italianomarsigliafondazione

FONDAZIONE DI MARSIGLIA

Questa città dimenticata in capo al mondo (in ultimis terris), circondata da Galli barbari (cincta Gallorum gentibus). Cicerone (Pro Flacco, XXVI, 63).
. Così fu eretta, non lontana dalle foci del Rodano, in un golfo remoto, come in un angolo di mare. Ma i Liguri, gelosi, non dettero tregua ai Greci lanciando guerre in continuazione. Questi respinsero i loro attacchi conseguendo successi così brillanti che dopo aver vinto i nemici, crearono un gran numero di colonie sui territori conquistati. Giustino (Libro XLIII, cap.III, 12-13)
. Come Atene fu la scuola della Grecia, così "Marsiglia fu la scuola dei barbari" Strabone, (Geografia, IV.4,1,5).
. Sotto l'influenza dei Focesi, i Galli ammansirono e abbandonarono la loro barbarie e appresero a condurre una vita più dolce, a coltivare la terra e a cingere le città di mura. Si abituarono a vivere sotto l'imperio delle leggi piuttosto che sotto quello delle armi, a potare la vigna e a piantar l'olivo, e il progresso degli uomini e delle cose fu così brillante che sembrava, non che la Grecia fosse emigrata in Gallia, bensì che la Gallia fosse traslocata in Grecia. Giustino (cap.IV, 1-2)

Dal file "htm"   -   il popolo dei Liguri

Il popolo dei Liguri

I primi gruppi di uomini che hanno abitato l'Italia utilizzavano le scarse risorse che offriva loro l'ambiente. Si riparavano in cavità naturali, usavano armi in pietra scheggiata per uccidere gli animali (tra le loro prede c'erano già gli stambecchi) di cui usavano le pelli per coprirsi, le ossa e le corna come utensili. Erano cacciatori e raccoglitori. Questi uomini indifesi dovevano affrontare la terribile avanzata dei ghiacci che, per una inspiegabile diminuzione di temperatura, dalle calotte polari si estendevano a coprire tutta la superficie terrestre fino alle nostre latitudini. Gli uomini venivano sospinti dal gelo fin sulle rive del mare. Presso l'attuale Ventimiglia nelle Grotte dei Balzi Rossi, sono stati rinvenuti resti di uomini costretti a rifugiarsi nelle caverne che condividevano pericolosamente con il terribile Ursus Spelaeus: erano i cosiddetti uomini di Grimaldi. Con i ghiacci arrivarono gli animali del grande freddo: alcuni, i mitici, enormi mammouth, scompariranno, come già accadde per i dinosauri, al variare delle condizioni ambientali. Altri, come l'ermellino, la pernice bianca, la lepre bianca, più piccoli e adattabili a territori di minori dimensioni, riusciranno a sopravvivere sulle cime nevose delle alte montagne. Nel giro di mezzo milione di anni i ghiacci subiranno quattro oscillazioni, corrispondenti ad altrettanti periodi glaciali, intervallati da periodi interglaciali relativamente caldi. Anche la vegetazione venne profondamente influenzata da queste cicliche variazioni climatiche: alla comparsa di elementi artici al seguito delle glaciazioni si associa la penetrazione di elementi liguri - mediterranei nei periodi caldi interglaciali, penetrazione resa possibile dalla relativa vicinanza del mare. Per questo motivo, e perché il rilievo aspro e accidentato crea condizioni di estrema variabilità ambientale e di esposizione, in una superficie relativamente ristretta, si è potuta sviluppare una vegetazione ricchissima di specie dalle più diverse origini. Finisce anche l'ultima glaciazione, quella wurmiana: i fiumi di ghiaccio che hanno scavato le valli si sono disciolti, trascinando verso la pianura padana e verso il Mar Ligure tonnellate di ciottoli e detriti, strappati ai fianchi delle montagne: immani accumuli morenici giacciono ai lati e agli sbocchi vallivi, mentre i resti degli smisurati ghiacciai si sono ritirati in alto, annidati nelle conche scavate sui versanti rocciosi delle montagne, o si stanno dissolvendo lentamente a formare gli specchi azzurri dei laghi glaciali. Levigate dalle masse di ghiaccio, emergono rocce lisce e dall'aspetto arrotondato, a gobba di montone. Tra esse si aggirano le groppe vive e lanute dei greggi belanti che un popolo di primitivi pastori spingeva innanzi a sé, in cerca di pascoli estivi. Le rocce lisce, quasi pagine aperte di un libro non scritto, erano un invito a disegnarvi, incise rozzamente con scalpelli di pietra, semplici immagini di vita quotidiana: animali dalle lunghe corna, ambita preda di caccia, armi e punte di freccia, ma anche recinti di greggi o villaggi, buoi aggiogati all'aratro, testimonianza degli albori dell'uomo agricoltore. La maggior parte di questi graffiti rupestri, più, di un migliaio, è raccolta in uno spazio relativamente ristretto nella Valle delle Meraviglie, in vicinanza del Monte Bego, dove essi si arricchiscono di simboli magici e misteriosi. L'identità di questi antichi pastori - raccoglitori che, qualche migliaio di anni prima di Cristo, lasciarono testimonianze della loro vita nelle rocce levigate dai ghiacciai delle Alpi Marittime, è ancora avvolta nel mistero. Forse potrebbe trattarsi dei Liguri, un popolo che i romani definirono con disprezzo "capillati" alludendo ai capelli lunghi e alle abitudini rozze da pastori. La Liguria costituisce un’unità etnica e linguistica legata al territorio da tempi immemorabili, tanto che Esiodo in particolare parla dei Liguri come dei più antichi abitatori dell’Occidente, caratterizzati da un carattere fiero e bellicoso, mantenuto tale da condizioni di vita quasi ferine: ma nemmeno gli autori classici immaginavano quanto fosse antica la presenza in loco di questo popolo. La terra ligure ha ospitato una fauna, a seconda dei periodi climatici, che va dall’elefante al bue muschiato, e popolazioni di raccoglitori e in seguito di cacciatori, presumibilmente nordici, che inseguivano gli ultimi residui di branchi di animali. Incontriamo qui per la prima volta il tipo cosiddetto del "cacciatore primordiale" da riferirsi ai resti dell’uomo di Cro-Magnon, vero prototipo delle future razze europee. Questi costituisce l’antecedente diretto dell’etnia ligure, oltre a segnare l’inizio della civiltà nella penisola italica. Le sepolture di questa cultura in uno strato di ocra rossa e le pitture parietali della stessa facies culturale delle grotte di Altamira e di Lascaux caratterizzano un’epoca che terminerà con la fine dell’ultima glaciazione e l’estinzione dell’orso della caverne. La successiva fase culturale fu caratterizzata dall’espansione dell’agricoltura. Manufatto tipico di questo periodo è il Trichterbecher (bicchiere campaniforme), che si svilupperà ad ampio raggio fino a sfociare nella famosa cultura di Hallstatt.

PAROLE COMPARATE

il bue I Celto-Liguri guhow
In Sanscrito gauh
il cavallo I Celto-Liguri ekwos
In Sanscrito acvah
Per dire madre: I Celto-Liguri ma'te'r
In Sanscrito maata – matri
Per dire sorella: I Celto-Liguri sveso'r
In Sanscrito svasar
Per dire fratello: I Celto-Liguri brate'r
In Sanscrito bhra'ta'
l'inverno I Celto-Liguri gimo
In Sanscrito heman
Per dire cuore: I Celto-Liguri krdjo-n
In Sanscrito hr.d
Per dire sangue: I Celto-Liguri krovos
In Sanscrito kravis
Per dire nave: I Celto-Liguri nau
In Sanscrito náus

SIMILITUDINI

Gli studiosi ritengono che la terra d’origine degli Indoeuropei sia stata montagnosa, infatti, in tutte le lingue Indo-Europee vi è un considerevole numero di termini atti a definire le montagne e le colline. Fra i nomi delle piante, degli alberi e degli animali usati da queste popolazioni si trovano sia tipi propri europei che tipi che si possono trovare solo nel medio oriente. Troviamo citati fra gli alberi la betulla, la quercia, il faggio e fra gli animali, l’orso, il lupo, lo sciacallo, la volpe, l’alce, il serpente, il topo, il castoro, tra gli uccelli, l’aquila, l’oca e la gru. I Proto-Indo-Europei erano a conoscenza dell’esistenza del mare e di navi atte a navigarlo, sia a vela che a remi.

                         Iscrizioni riportate sulla stele rinvenuta a Zignago (SP)


“Mezunemuis”, ovvero “Io che mi trovo in mezzo al bosco” (cioè la divinità raffigurata

Diodoro Siculo (c. 80-29 a. C.)

I LIGURI

I Liguri, questi abitano una terra scabra, del tutto infeconda e vivono una sorta di vita gravosa e inclemente a causa della fatiche e delle ininterrotte tribolazioni connesse al loro lavoro. Siccome infatti il loro Paese è fitto di alberi alcuni di essi tagliano legna tutto il giorno portandosi dietro possenti e pesanti scuri di ferro. Altri, tutti presi a lavorare la terra, spaccano perlopiù pietre essendo il terreno oltremodo roccioso. Con i loro attrezzi infatti non tirano su una zolla senza una pietra. Pur sopportando una tale angustia nelle attività, con l'accanimento la spuntano sulla natura e dopo aver molto ostentato raccolgono pochi prodotti e a malapena. In seguito alle diuturnità delle prestazioni fisiche e alla scarsezza del vitto hanno corpi snelli e gagliardi. Nel tener testa ad una tale strapazzo hanno al loro fianco le donne aduse a lavorare alla medesima stregua degli uomini. Fanno frequenti battute di caccia nelle quali, catturando parecchia selvaggina, rimediano alla scarsità di frutti del suolo. Cosicché, passando la vita su monti coperti di neve e assuefatti a valicare passi incredibilmente ripidi, sviluppano corpi scattanti e muscolosi. Alcuni per la penuria di prodotti agricoli delle loro zone bevono acqua, mangiano carni degli animali sia domestici sia selvatici e si saziano degli erbaggio locali possedendo proprio la regione che è inaccessibile alle più amate tra tutte le divinità, Demetra e Dionisio.
La notte la trascorrono al campo. Di rado in certi poveri casolari o capanne, il più delle volte però in cavità rocciose e spelonche naturali atte a procurare bastante riparo. In accorto con tali consuetudini compiono anche le altre cose conservando l'originari e non ricercato modo di vivere. In generale in questi luoghi le donne hanno l'energia e il coraggio degli uomini, gli uomini quelli delle fiere. Si racconta per esempio che nelle imprese militari il più imponente dei Galli è stato sfidato a duello e messo fuori combattimento da un Ligure di magrezza estrema. I Liguri hanno un armamento di assetto più agevole di quello dei Romani. Li protegge infatti uno scudo oblungo foggiato alla maniera gallica e una tunica raccolta da una cinghia; si ravvolgono in pelle di animali selvatici additandoci una spada su misura. Taluni di essi tuttavia, da quando fanno parte dello Stato romano, hanno modificato l'armamento rendendosi simili ai dominatori. Sono intrepidi ed hanno maschia prova della loro stirpe non solo in guerra ma anche e proprio nelle circostanze della vita che implicano terribili confronti. A scopo di commercio navigano infatti attraverso il mare di Sardegna e della Libia gettandosi risolutamente in pericoli nei quali è impossibile sperare aiuto. Perché, valendosi di imbarcazioni più rudimentali delle zattere e quasi totalmente sprovviste delle attrezzature usuali in una nave, affrontano in modo sbalorditivo le circostanze più terrificanti scatenate dalla tempesta.

LIGURI E CELTI

A partire dalla fine del Neolitico e per tutta la durata dell'età del bronzo, la zona delle Alpi Occidentali fu abitata da una popolazione a cui gli storici greci e latini daranno, in seguito, il nome di "Liguri". L'origine dei Liguri non è molto chiara; alcuni studiosi li considerano un popolo di origine indoeuropea come i Celti, altri invece un popolo mediterraneo preariano.
È comunque certo che formarono il ceppo originario delle genti che abitavano la fascia costiera compresa fra i Pirenei e l'Apennino. Essi prediligevano come luoghi di insediamento le località con una buona esposizione, vicine ai corsi d'acqua e facilmente difendibili. I Liguri vissero, quasi indisturbati, nelle loro sedi fin verso la fine del secondo millennio a.C.
Nel 1200 a.C., l'Europa fu attraversata da ondate di flussi migratori di popoli tra cui i Villanoviani che occuparono la Pianura Padana spingendo i Liguri verso il territorio delle Alpi Cozie che vennero così abitate in modo più permanente e capillare. Dotati di grande capacità di adattamento vivevano di pastorizia e agricoltura. Dopo questa migrazione i Liguri vissero nuovamente un periodo di tranquillità fin verso il 500 a.C. quando subirono nuovamente l'invasione dei Celti.
Questa popolazione dalla Germania iniziò una migrazione fino alla Spagna, Inghilterra, Irlanda verso occidente; fino alla Grecia e alla Turchia ad oriente e a sud nell'Italia centro-settentrionale. I Celti essendo meglio organizzati militarmente occuparono le zone fertili di pianura e fondarono varie città. I Villanoviani e i Liguri furono nuovamente respinti verso le aree montane. Ben presto avvenne una fusione tra queste popolazioni che formò la base celto-ligure degli abitanti delle montagne.
La civiltà dei Celti fu grande e complessa: al loro gruppo appartenevano numerosi popoli linguisticamente e culturalmente simili.
I Romani furono spesso impressionati dalla forza dei celti e dalla prestanza fisica, sia gli uomini che le donne erano infatti di corporatura robusta, con imponenti capigliature che imbevute di gesso davano loro un aspetto che incuteva terrore.
Vestivano semplicemente, con pantaloni dette "brache", un mantello di lana dai vivaci colori allacciato con una spilla e calzari in pelle.
Le loro abitazioni erano capanne rotonde con tetto in paglia che nelle zone di montagna vennero sostituite da case in pietra con copertura in ardesia, le "lauses" o lose, del tutto simili a quelle che ancora oggi si possono vedere nelle borgate di molte valli.
Sia i Liguri che le popolazioni celtiche hanno lasciato una grande impronta nei caratteri fisici e nelle tradizioni degli attuali abitanti delle Alpi Occidentali, anche dopo la conquista romana

Dal libro    (edito nel 1849):

ANTICHI POPOLI ITALIANI

 

Laddove nulla di somigliante per accertate, o almen probabili storie si può dire di coloro, che sotto il nome di Liguri occuparono quanta è l’Italia superiore, che giace tra il mare e le Alpi. Nulla è più incerto della razza cui appartengono le numerose tribù di Liguri, che si trovavano già in tempi antichissimi diramate con proprio nome dalle bocche del Rodano insino alla Tirrenia.
Dice di più Scilace, che dall’Iberia al Rodano, la popolazione della costa era una mescolanza d’Iberi e di Liguri: entrambi i quali poterono di fatto incontrarsi insieme sulla riva settentrionale del Mediterraneo.
Disse Dionisio: abitano i Liguri molti luoghi dell’Italia e qualche parte delle Gallie: è incerto qual sia delle due la patria loro, perché intorno a questo nulla di sicuro puossi riferire.
Si può pertanto dire dei Liguri, per difetto delle nostre istorie, piuttosto ciò che non erano, di quel ch’egli fossero realmente.
Nulladimeno sotto questa denominazione medesima di Liguri, distesasi lungo tratto dal mare insino alle pendici meridionali delle Alpi, si trovano generalmente intitolati senz’altra distinzione non solo i più antichi popolatori cogniti di una grandissima parte dell’alta Italia, ma gli stessi loro discendenti, tra se divisi in molte differenti tribù: tanto e vero, che i nomi delle nazioni una volta posti a suo modo dalla voce pubblica, per qualche accidente, sempre si mantengono. Così dunque oltre la scoscesa riviera, propriamente detta Liguria, il nome gentilizio de’ Liguri s’estese largamente nella pianura intorno al Po tra l’Apennino e l’Alpi.
Levi-Liguri, gente antica, si rinvengano presso il Ticino: alla sinistra del Po i Taurini, insieme con i loro clienti, dimoravano per tutto il Piemonte sino all’Alpi Cozie. E fra gli stessi popoli alpini restarono nel più interno alcuni rami di Liguri, come gli Stoni, riposti nel Trentino, e veramente intitolati di quel nome nei fasti trionfali.
Ligure era la stirpe de’ Libui alle radici delle Alpi: e pare si possano probabilmente aver per Liguri anche gli Orobi, situati dentro a brevi termini tra il lago di Como e quel d’Iseo. Né quali luoghi sì queste, che altre tribù Liguri, stavano di fatto separatamente collocate e accomodate, come in propria terra, fino dai primi tempi istorici.
“Plinio” “Antiqua Ligurum Spirpe”.
Ma qualora poniamo mente alla natura del paese, ch’elleno abitavano in comune, si rappresentavano con molta verità i grandi ostacoli e impedimenti, che le prime genti trovarono da per tutto nello scendere dai monti d’intorno al piano; e quasi maravigliamo degli ardui lavori che di mano in mano vi fecero, per liberare il terreno dalle acque, e ridurlo a sanità, innanzi di porvi sicura e stabile abitazione. La molta quantità di fiumi e di torrenti, che dall’alte montagne che la cingono da tre parti cadono rovinosamente nella pianura, detta di Lombardia, la qual nella prima epoca ha dovuto assai essere più depressa di quel che appare oggigiorno, ci mostrano quell’ampio territorio allagato per la grandissima copia dell’acque.
Or dunque assai misera, contrastata, dura e faticosa, ha dovuto essere la vita de’ primi popolatori della contrada. Ne quindi fa specie che una medesima tribù cangiasse spesse volte di territorio e di nome, innanzi di prendere una sede ferma. Vicissitudini delle quali ci dà presso che sicuro indizio non solo l’incerta loro stanza, or ne’ monti, or nel piano, ma di più la tanto mutabile, variata, e dubbia dominazione delle genti, benché in genere soprannomate Liguri.
Abbiamo per avanti narrato in che forma gli Etruschi s’inoltrarono armati di là dell’Appennino, e come vi fondarono una nuova Etruria. Pare nondimeno che la loro conquista non s’estendesse oltre il Ticino, done i Levi-Liguri trovarono difesa nelle acque copiose di quel fiume repente, e nelle paludi: così pure allato all’Appennino settentrionale rimasero fermi i Brinati situati nell’odierna val di Prino, che si prolunga fino alla Trebbia.
Sullo stesso mare Tirreno: massimamente dappoichè i lidi della Corsica si trovarono occupati in parte da generazioni di Liguri, e in parte dagli Etruschi.
Secondo Licofrone : che teneva i Tirreni per Lidj, Pisa sarebbe stata in suolo Ligure
Ipotizzava Euripide: ponendo l’isola di Circe, o il capo Circello, nella Liguria.
Nemici a’ Liguri marittimi furono in oltre dall’altro lato della Liguria a ponente i Greci di Marsilia, venuti colà da Focea dell’Ionia: poiché mirando essi ad allargare intorno il dominio, ed insieme i loro traffici, si presero in progresso di tempo di qua dal Varo quel tratto di riviera, dove eressero le due colonie di Nizza e Monaco, con altri luoghi tra esse.
Ne da qell’ora in poi i Liguri e i Marsigliesi mai cessarono di vessarsi per mare vicendevolmente con atti d’oltraggio e di ostilità, quanto almeno Etruschi e Liguri si nimicavano con egual rancore l’un contro l’altro per l’opposta marina.
“Livio” “De Ligure captus in ager erat: Etruscorum ante, quam Ligurium fuerat.
Adunque, stando a questa natural divisione, i primi popoli che s’incontrano nella marittima erano i Montaneschi, i capillati, gl’Intemelii, gli Epanerii, i Sabati, i Genuati, con altri minori popoli collocati nelle montagne. Di qua da Genova verano i Tegulii e gli Apuani; e in mezzo a questi gli Ercati, i Garuli, i Lapicini, e forse i Friniati.
Nella Liguria mediterranea, cominciando dalle Alpi, stavano per la valle Stura i Veneti e i Vagienni, seguivano appresso gli Statiellati tra i Tanaro e l’Orba, indi per siti meno cogniti, i Vibelli, i Magelli, gli Eburiati, i Casmonati, i Briniati, i Cerdiciati, i Cellelati, gl’Ilvati; finalmente nella valle della Scrivia, i Libarnesi, e confinanti con questi i Veleiati, la cui certa sede si trova nel piacentino presso di Macinesso, dove sono le rovine di Veleja.
Tutti questi popoli benché, divisi in tante separate tribù, quante erano le valli principali, e spesso nemici infra loro, continuarono nondimeno ad appellarsi in genere del nome di Liguri, e come tale per unità di sangue, di religione e di costume, fecero sempre insieme un solo corpo di nazione altamente valorosa e franca.
Ma la qualità di un paese si fattamente montuoso, ingratissimo, e in gran parte coperto di boscaglia, ebbe veramente grandissima forza a stabilire la maniera del vivere, e di costumi:
perocchè natura privando per la entro i Liguri di comodi e di beni, diè loro in compenso robustezza, intrepidezza e coraggio. Fra tutti i Liguri, i Capillati o Chiomati furono non chè i più fieri, ma li più tenaci dell’antiche costumanze: e quest’uso loro di portare tuttavia lunga chioma nell’età di Augusto, era stato parimente consueto a tutti i Liguri nella prima selvatichezza. Niente meno rustici, incolti e materiali, han dovuto gli Etruschi trovare quelle generazioni di Liguri, che abitavano per avanti sul Po, e ch’eglino ridussero in buona parte a vita più civile, se più tosto non gli aggregarono per concordia e unione alla propria nazione dominante. Al pari feroci si mostrarono i Vagienni, per la massima parte situati nelle Alpi Marittime, e per le sottoposte sassose valli: ma più di tutti indomiti erano gli Apuani con altri fieri popoli di loro stirpe, che abitavano in comune la Alpi di S: Pellegrino, i cui sommi gioghi s’alzano 4840 piedi sul livello del mare, e nel territorio attorno sino alla Magra.
Per entro a luoghi si tanto aspri ad infecondi dovea il sentimento della libertà operare con grandissima efficacia in animi per natura gagliardi, addurati alle fatiche, e pieni d’ardimento e di cuore.
Siccchè a ragione la voce unanime degli antichi celebrava con laudi l’innata franchezza, il valore e la mirabil forza de’ Liguri.
“Ligures montani, duri atque agrestes. Docuit ager ipse, nihil ferendo, nisi multa cultura, et magno labor quaesitum
Valenti cacciatori per la qualità del luogo boscoso, eran dessi bravi e destri tiratori con la fionda, ma la pastorizia specialmente facea nell’universale l’ordinario esercizio della gente montana, con abiti di durissima vita campestre. Quanto fosse malagevole in ogni tempo lo stato de’ Liguri si apprende ancora da un documento, che quasi diremmo nazionale, cioè dalla tavola o decreto del senato romano dell’anno 637 sopra le controversie dei Genoati co’ Vituri loro vicini. Certi popoli dell’Appennino avean quivi soltanto abbondanza di pasture e di macchie, tenean pascoli a comune, dove non raccoglievano altro che fieno e legno da fabbrica e da fuoco: sebbene altri meno malagiati per le valli, come i Langansi, vi coltivassero grano e vino. Ma poche e scarse biade poteano aversi dalla cultura domestica; e che questo sia vero, lo fan vedere le montagne della Liguria, dove al presente più che 88075 quadrati toscani di superficie, misura agraria decimale, son retti con sostegni fattivi di muro a secco.
Le femmine che pe’ nostri costumi, sono di poco o niun sollievo alla società, non erano nella di meno degli uomini laboriose, e com’essi vivevano per le ville scassando e zappando il terreno petroso: anzi tagliando duri macigni, dice Posidonio. Di tal maniera essendo essi molti, e povero il paese e scarso, facea pur mestiere che i Liguri si sforzassero a procacciarsi modo di vivere con difficile e pertinace lavoro: ne’ potendo tampoco superare con la fatica o con l’arte la sterilità del suolo, uomini e donne s’allogavano fuori paese per faccende rustiche, in quel modo che molti Genovesi delle montagne fanno anche oggidì.
E chiunque va passando colà oltre ne’ monti liguri vi vede il villano agile e spedito portare in capo enormi fardelli di gran peso per piccioli salario. Perciò meravigliando i molli greci dicean per dettato; che le donne liguri avean in sé la garglialdia del sesso virile, e questo la forza delle fiere.
Tanti naturali incitamenti alla vita guerriera renderono i Liguri in qualunque tempo audaci, precipitosi e quasi invincibili nell’armi. Già per le prime ostinate oppugnazioni co’ loro vicini ebbero nome di gente più bellicosa dei Tirreni. Valentissimi della guerra alpigiana per la natura del terreno difendevole, vinti e’ si mettevano in difesa tra boscaglie e balze inaccessibili ad ogni altro: vincitori inondavano come torrente impetuoso le valli, e furiosamente cacciavano il nemico di casa. In questa forma terribili sempre, ma disuniti per mancanza d’un centro di governo, e di stabile concordia, pugnarono essi l’un dopo l’altro quaranta anni contra Roma.
Nella pompa di tanti ripetuti trionfi sopra i Liguri era molto discaro ai romani non aver mai oro, né argento predato da mostrare, forte appetito da loro nella guerra, ma soltanto grandissima copia d’armi. E se ben nell’ebbrezza dell’orgoglio eglino chiamassero trionfi castellani coteste sanguinose vittorie, pure è certo, che ancorché soggettata la Liguria non cessava il senato di d’invigilare con cautissime difese al governo di quella indocile provincia.
“Positone” “La delicatezza greca ebbe per cosa miracolosa, che una donna ligure, cui sopravvennero i dolori del parto trovandosi a salario di un marsigliese, si scostasse alquanto di la dove lavorava, ed avendo partorito tornasse all’opera”.
“Diodoro” altro proverbio “Gracile ligure vale più che fortissimo gallo”.

“Livio” “Ligures, durum in armis genus”.   “Plinio” “Ingaunis Liguribus agro tricies dato”
Abitavano generalmente i Liguri per villaggi, ed i luoghi loro principali si della montagna, come delle due riviere, erano più tosto castella, che vere città.
Con tale appellativo son chiamate nel mentovato decreto di Roma Taliano, Veturio, Langasco e Maniceno. Cimelio, i cui avanzi si vedono a Cimez, tre miglia discosto da Nizza, si vuol che avesse suo principio da una mano di predatori fuggitivi.
Bensì con titolo di capitale città troviamo qualificata Genova, e ben le competeva qual emporio de’ Liguri e piazza vecchi non avea quel vocabolo altro vero significato se non che d’uomini di guerra insidiosi e astuti negli agguati: ed espertissimi in queste maestrie, che suppliscono con la sagacità al difetto della forza, si mostrarono pur sempre i Liguri per arte consueta di guerreggiare nelle montagne. Le leggi sacre ognora costumate dai Liguri al modo degli altri italici, dan mezzo a conoscere, ch’essi vivevano ugualmente sotto l’impero d’un reggimento sacerdotale, riconoscevano e rispettavano il diritto Feciale, poiché denunzivano la guerra col ministerio de Nunzi: e le stesse loro religioni antichissime non differivano né meno da quelle che si trovano propagate per altre giogaie, dove gli alpigiani sotto il nome di Penino, trasformato poscia in Giove, adoravano il nume sovrano.
Natura, costume e religione, mantenean di tal modo fermi i Liguri nel rozzo stato, e non curanti di què progressi, che danno nuove tempre allo spirito umano con affrettare l’operosa cultura dei popoli. Ne valsero tampoco le consuete navigazioni dei Liguri marittimi per le aliene contrade a dirozzarli con migliori discipline.
Fenomeno invero notabile, che soprattenne con più lungo indugio il corso della loro educazione morale; mentre che gli altri italiani avevano qual più, qual meno, ingentilita la maniera del vivere, e raddolciti gli animi con temperati costumi.
Non possediamo alcun monumento originale della lingua, o del dialetto particolare dè Liguri, il qual possa schiarire alquanto più l’istoria: ma il citato decreto di Roma ne porge tuttavia buon numero di nomi affatto locali, che, sebbene abbiano inflessioni e ortografia latina, ne lascian chiaramente vedere la forma e desinenza primitiva: nomi tanto più certamente nazionali, in quanto che quella parte della Liguria dove stanno i luoghi e i popoli ivi stesso mentovati, non fu in nessun tempo occupata da stranieri, ne mai soggetta alle mutazioni di sorte, che provò la regione ligure intorno al Pò.
Nell’elenco che diamo qui sotto di questi nomi si voglion notare due titoli di famiglie, liguri entrambi: dov’è da considerarsi specialmente, come la sola diversità d’una vocale distingua il nome paterno da quello del figlio: proprietà di lingua che s’osserva alle volte anche ne’ titoli delle famiglie etrusche, atteso l’indole sintetica dell’idioma.
Ma quale correlazione potesse avere l’etrusco coll’estinto ligure questa è cosa impossibile da dire.
“Fluvius Neviasca; Veraglasca; Tutelasca; Percobera (Polcevera); Edus; Lemuris; -
Rivus Eniseca; Comberana; Vindupale; Venelasca; -
Mons Lemurinus; Procavus; Tuledon; Berigiema; Prenicus; Bovlo; Claxelus ;Ioventio; -
Convallis Caeptiema; Blustiemenus; -
Lebriemulus; Fons; -
Moco Meticanio (figlio di) Meticoni ; Plancus Peliani (figlio di) Pelioni; -
Ambedue Legati dei Genoati e Rituri.
Cingono l’Italia di verso settentrione le Alpi per una continovata giogaia, la quale dalle marittime sino all’Istria si stende sopra uno spazio irregolare di circa 1050 miglia.
La sua larghezza media può avere 120 miglia, e questo gran riparo, che gli antichi chiamavano muro inespugnabile, divide al tutto la nostra penisola dall’Europa occidentale.
Non altra avverata, ne più antica memoria porge l’istoria del passaggio di popoli transalpini, fuorché l’inondazione gallica regnando in Roma Tarquinio Prisco; anzi qualvolta consideriamo la insuperabile difficoltà, che opponeva nella sua selvatichezza cotesto serraglio d’asprissimi gioghi, dove pochi sono i luoghi che dieno un’adito, e sicura l’uscita, non fu maraviglia che i transalpini, sempre che si cimentavano al varco, o fossero ributtati da invincibili ostacoli, o solo in quell’epoca di Tarquinio riuscissero nell’impresa di forzare un vallo, quasi a studio fortificato dalla natura.
Ne si dica che le stesse chiuse o impedimenti uguali trovarono i primi Liguri, poiché venendo essi lungo la marina dalla Provenza, poca o lieve opposizione facean loro le ripe alpestri della riviera di ponente.
La massima parte delle Alpi fu sconosciuta ai Greci antichi, salvo una porzione delle Marittime e delle Pennine, più note per la vicinanza di Nizza e Monaco ai Marsigliesi.
Pure abbiamo veduto che gli Stoni, né monti del Tirolo presso a Trento, s’intitolavano col nome di Liguri: e altre genti d’ugual stirpe, o almeno d’ugual cognome, abitarono al pari non dubbiamente quella porzione delle basse Alpi, che guardano l’Italia dal Piemonte insino al lago di Garda.
“Plinio” “Inexpugnabili munimento”
“Alpibus Italian munierat ante natura, non sine aliquo divino numine.

LIGURI EUGANEI E VENETI

 

Le più antiche tradizioni storiche ci mostrano gli Euganei collocati tra l’Alpi Rezie e i mare: laddove nei tempi posteriori, e seguentemente sino ad Augusto, li ritroviamo con propria e stabil sede posati tra l’Adige e il lago di Como.
Per tal guisa pare accertata la narrazione, che eglino fossero discacciati oltre l’Adige dal prepotente popolo, che indi portò il nome di Veneti.
Sino a tanto che durarono i modi della vita pastorale, e quando un popolo accompagnato dalle sue gregge poteva facilmente trasportarsi da un luogo ad un altro, simili migrazioni erano non sol coerenti, ma comandate anche dal genio d’un’età incapace affatto di piegarsi all’avvilimento della dipendenza.
E siccome la semplicità del vivere produce sempre un eccesso di popolazione, che in difetto dell’arti meccaniche impiega naturalmente nella guerra ogni sua attività gagliarda, così le tribù più valorose s’invaghivano di luoghi più fortunati, e ne discacciavano con facilità i padroni non ancora cinti di mura.
La prima storia italica è piena di siffatte vicende occasionate dalla forza o dal bisogno altrui.
“Livio” “Inter mare alpesque incolebant”.

I Greci stessi, dai quali siamo pur sempre in necessità dedur la storia primitiva, non la conobbero: per modo che essi stessi, non sapendo sostituire di meglio, usarono cotesto soprannome d’Euganei, come la voce suona, qual sinonimo di valenti o gloriosi: né dobbiamo maravigliarci tampoco, che un re chiamato Eneto fosse reputato dai novellatori meno antichi autore della nazione.
La pianura posta tra l’Apli e il mare è un ampio terreno d’alluvione, il quale fu prima una grandissima palude, o un profondo stagno ingombro dal sedimento di tutti i fiumi, che irrigano quanta è l’Italia superiore intra gli Appennini e l’Alpi, e hanno quivi un centro per metter foce in mare.
Che gli Euganei abitassero prima d’ogni altro per questi luoghi, si conferma in certo modo dal nome stesso che perpetuamente portano all’oriente delle lagune i colli Euganei, gruppo isolato e considerabile di monti, che han natura visibilmente vulcanica.
Ma chi fosse il popolo che sotto il nome di Eneti o Veneti, secondo l’usata pronunzia italica discaccio gli Euganei dal suo territorio, è ancora problematico, se non piuttosto del tutto ignoto. Erodoto il più antico scrittore che faccia menzione degli Eneti, li colloca fra gli Illirj. Era infatti la Venezia divisa dai Liburni per mezzo della penisola degl’Istri.

Pure, senza andare si lungi, si può avere per molto accettevole supposto, che alcuna tribù dei montanari stessi delle Alpi si calassero di su dalle Carniche sul piano tra quei monti e il mare, e di colà respingessero indentro verso ponente gli Euganei prima occupanti.
Dice Livio che al tempo dell’invasione etrusca di già tenevano in sua signoria tutto l’angolo e spazio d’intorno al seno adriatico.
Quivi si rimasero i Veneti sicuri contro l’armi dè conquistatori, difesi dalle paludi e dall’acque copiose e sparse, tra le quali stava rinchiusa la regione dal lato del ponente e mezzogiorno. Ma qual fosse la capacità del luogo che abitavano la entro, parve argomento di grave controversia tra gli eruditi.
Non per tanto sembra certo, che i dubbiosi confini della Venezia non oltrepassassero mai a ponente il fiume Chiesio, e i suoi limiti naturali fossero a settentrione le Alpi; a levante il Timavo; al mezzogiorno le paludi veronesi; indi il Po’ sino al mare.
Gli Euganei discacciati dalle piaggie dell’Adriatico, nondimeno serbarono sotto quel nome l’indipendenza e lo stato libero nei monti veronesi, trentini e bresciani.

SICILIA, SARDEGNA E CORSICA

 

La favola omerica dei Ciclopi era stata assai probabilmente immaginata in sulle inaudite narrazioni, che gli antichi navigatori per le terre occidentali andavano divulgando intorno à primi selvaggi e inospitali abitanti della Sicilia.
Ma concordemente le storie riconoscono soltanto né Sicani i più vetusti popolatori dell’isola. Tucidite seguitato in ciò da Filisteo, e da parecchi altri scrittori, li teneva per Iberi scacciati dalla patria loro dai Liguri.
Niente più civili han dovuto ritrovarsi i Sicani allora quando sopravvennero i Siculi dall’Italia, e occuparono gran parte dè luoghi che tenevano i Sicani, respingendo indentro con la forza del numero costoro al lato occidentale e meridionale dell’isola.
Importantissimo evento, già narrato di sopra distesamente, per cui si formaron nuove correlazioni, parentele e commerci tra Italia e Sicilia, così appellata quindi innanzi col nome dè suoi più potenti dominatori.
Benché dai geografi sieno mentovate non poche altre popolazioni sarde d’oscuro nome, furono sempre le maggiori e le più temute, i Sardi più animosi, già riparatisi tra le balze di scoscesi monti, dove tenean vivo il nome d’Iliensi, Corsi e Balari, mai non cessarono nella loro salvatichezza di contrastare ferocemente all’armi puniche.
E par di certo che i primi fossero anche i più antichi e indigeni isolani, somiglianti, così dice Pausania, in sembiante e costuni ai Libj.
Erano i secondi una mano di nativi Corsi, discacciati per sedizioni domestiche dalle loro case, donde passarono ad abitare i dirupati monti che fronteggiano il lato settentrionale della Sdegna, laddove i Balari, d’origine iberica.
Ma di gran tempo stanziati tra monti inaccessibili vivevano essi senza cultura in povero stato: abitavano entro tugurj o caverne: vestivano pelli di capre o di muflone, razza tuttora natia della Sardegna: si nutrivano di soli latticini e di carne; e sempre armati portavano seco targa e pugnale.
Così fuggenti lo studio e le fatiche dell’agricoltura, non attendevano essi che a vagante vita pastorale; dalle loro alture non finivano di infestare intorno i luoghi colti sottoposti: tanto che ognor malestevoli allo straniero, né la dura severità cartaginese, né la forza bellica dè romani, furon mai sufficienti a domare la loro inflessibile natura, od a mutare i costumi selvaggi.
“Livio” “Mastrucatos latrunculos” così detti da “Mastruga” vocabolo sardo: vestiario di pelle usato anche al presente dai montanari sardi.

Quest’isola situata al settentrione della Sardegna, di cui segue la direzione verso mezzogiorno, darebbe a credere per la sua costituzione geologica, che una volta si fosse staccata dalla maggiore, divisa soltanto per uno stretto braccio di mare; quantunque da se la Corsica per ogni parte montuosa, inculta e piena di foreste, nulla produca che paragonare si possa alle copiose messi della Sardegna. In tempi sconosciuti vi navigarono Iberi e Liguri.
Erano certo gl’indigeni Corsi razza feroce, piuttosto inasprita, che mitigata dal timore dell’armi forestiere. Datisi per natura alla vita sciolta pastorale si cibavano unicamente del latte, miele e carni delle loro greggi: tuttavia, soggiunge Diodoro, vivean tra se non senza giustizia ed umanità: né scarso guadagno dovevano essi

Brani dal libro:       STORIA DEGLI ANTICHI POPOLI ITALIANI

Questa universal tradizione di un popolo originario, del quale altra derivazione non si sapeva, vedasi conservata né tempi istorici, e quindi confermata dagli scrittori romani più autorevoli, che davano senza esitazione agli antenati il nome generico di Aborigeni, il cui meno controverso significato era quello d’Indigeni, o di gente paesana.
I Greci, li ritrovarono di già congregati in tribù o nazioni allora che passarono in questa nostra terra, e che pur sempre vi riconobbero di sangue dal loro diverso.
Non altro concetto ebbero gli antichi dè loro padri Aborigeni, che quello appunto di popolo selvaggio, a cui attribuivano una vita dura agreste e faticosa.
E in questo veggiamo, che i ragionatori filosofi dell’antichità speculavano niente meno acutamente che i moderni sopra il natural progresso dell’uomo dalla sua ferina salvatichezza a stato civile. Al giudizio di loro le vaste boscaglie, che ricoprivano l’incolto suolo, sovvenivano al nutrimento con l’annua riproduzione dè frutti delle querce e di pochi altri vegetali: in quella guisa, che molte genti della zona torrida e delle temperate, da alcune piante indigene traggono il bisognevole alla vita.
Sparsi qua e là per le montagne, non tenevano gli Aborigeni abitazioni certe; e pè truci costumi mostravano ovunque l’original ferocia, e indomito genio di vita silvestre.
Perciò il filosofico Sallustio, considerandoli nello stato che impropriamente dicesi di natura, gli rappresenta come uomini incolti, senza leggi, senza governo, liberissimi e sciolti: ma, essendo pur sorte comune di tutte le nazioni l’aver costumi efferati e barbari prima dè civili, sì fatte speculazioni si appartengono più drittamente alla storia generale dell’uomo, che non a quella d’un popolo particolare.
Oltre a ciò i molti fiumi che scaturiscono dalle fonti dell’Alpi e dell’Appennino, non men che vasti serbatoj rinchiusi tra què monti, spandono per tutta la penisola abbondantissima copia d’acque, che ne inondano i luoghi inferiori.
Quivi soprattutto faticosi i lavori che han fatto gli uomoni per regolare il corso delle acque fluenti, contenere i fiumi, e seccar le lagune poste in sul mare, dando manifestazione di conoscere che le basse contrade furono le ultime abitate.
Il suolo stesso che ricopre i larghi piani della Lombardia, della Puglia,
e d’altre parti d’Itali, è senza dubbio un dono delle acque, le quali per natura hanno irresistibil possa in tlisfare le montagne, trasportandone le spoglie nel fondo delle valli.
Or le generazioni dei montanari, allevate in quelle alture, vi si tennero a dimora, infinochè o per crescimento di numero, o per bisogno di alimento, non se ne scesero giù ad occupare nuovo territorio. Dove molto poteva anche la forza; dappoichè popolazioni vaganti, e quasi indomite, s’andavano incalzando secondo fortuna da una in altra parte.
Già molto tempo innanzi alla guerra troiana occupavano i siculi buona parte dell’Italia di mezzo qual corpo di nazione unita. Ch’eglino non s’appartenessero al ceppo greco, lo dice espressamente Dionisio, principale narratore dè casi loro, chiamandoli più volte gente barbara e indigena del Lazio. Pelasgi propriamente non erano (erano Liguri),se attendiamo alle cose narrate, meglio che alle immaginate, poiché i Siculi dimoravano in Italia prima della venuta di costoro, i quali si mostrarono in tutto più presto nemici, che congiunti.
Né potevano tampoco essere d’origine Entri; perciocché in cambio che i Siculi sien venuti oltre verso il centro da quella parte della penisola, vi furono anzi forzatamente respinti dal settentrione a mezzodì.
E dove Antioco dice in breve, che Siculi, Morgeti e Itali, erano a un modo Entri; cioè gli abitatori dell’Enotria; desso intende a significare soltanto, siccome apparisce dal contesto, il nome distinto che portavano separatamente gl’icoli di quel paese, li più antichi di quanti s’avesse ivi notizia. Giustamente Plinio poneva i Siculi tra i primi popolatori del Lazio antico.
Ed i vecchi Sicani e Sicolensi, compresi nel numero dei primi Latini, che per unione partecipavano insieme delle carni della vittima sul monte Albano. Pare che possan credersi, e secondo che suona il nome, una qualche famiglia di Siculi stessi.
Così certe agnazioni, che si rinvengono a Roma né suoi primi tempi, mostrano che talune originali schiatte del paese latino avean tratto i suoi propri casati o di Siculo, o di Aurunco, da radici puramente domestiche, e al tutto locali.
Non fu però la sede dei Siculi.Aurunci ristretta nel loro territorio d’intorno all’Anio ed al Tevere, ma s’estese in altre parti ancora, da che cresciuti alla vita pastorale s’andavano i suoi allargando di luogo in luogo o per bisogno di nuovo terreno, o per accidenti di guerra, che in quelle prime età di vita nomade solevano o espellere, o mischiare violentemente le tribù meno forti a grado di chi più poteva nell’armi. Si vuol che i luoghi dove appresso sedevano Faleria e Fescennia appie dell’Appennino facessero parte delle loro vetuste abitazioni.
Queste separate dimore dei Siculi ne danno i termini meno incerti del paese per essi abitato nella Italia media, prima d’ogni altro popolo conosciuto di certo nome: ma non ostante ciò dei molti loro successi, come nazione, non srbano le storie altra sicura e ricordevole memoria, fuor che quella dell’universale caduta della gente. Le vive guerre che i Siculi sostennero contro gli Umbri, altro popolo delle montagne, uscito addosso a loro dalle regioni dell’Abruzzo, furono, secondo Dionisio, le maggiori e le più ostinate, di quante si fossero insino allora vedute. Lo stesso narratore, il quale seguiva nel suo racconto le tradizioni riferite da differenti storiografi, inframmette di più in quei fieri contrasti Aborigeni e Pelaghi, ma primi non sono per certo altro che antichissime genti anonime dell’Italia inferiore.
Lacerati e incalzati i Siculi da si feroci assalitori, vennero finalmente espulsi dalle patrie sedi, e respinti insieme verso mezzodì dell’Italia: prima degli invasori del loro paese nella regione inferiore, dove abitavano in numero altri agguerriti popoli Osci: indi da questi nell’ultimo tratto della penisola prossimo alla Sicilia; cioè nei termini della primitiva Italia
posseduta in allora dagl’Itali e dai Morgeti, che erano un ramo degli Entri.
Per la comparsa dei Siculi in quei luoghi, dove si fermarono alcun tempo, si divisero e s’inimicarono Itali e Morgeti: onde ne successe, che soprastando i primi di forza cacciarono violentemente i Siculi dalla terra ferma unitamente coi Morgeti. Passarono con gran numero di quivi attraverso il Faro in Sicilia per avanti abitata dai Sicani, popolo indigeno secondo Timeo, o, come altri vuole d’origine iberica.
I Siculi si collocarono primieramente nella parte orientale dell’isola poco anzi abbandonata dai Sicani, a causa delle rovinose eruzioni dell’Etna. Ma poi respingendo da ogni lato i Sicani, essi stessi, avanzandosi di luogo in luogo, si renderono alfine signori del conquistato paese. Con tali vantaggi permanebti del dominio e della forza, la generazione dei Siculi divenne sì preponderante nell’isola, da invadere tutta l’utorità, e dare a quella il suo proprio nome. Antioco siracusano e Tucidide, confermano il fatto.
Nessun fatto istorico dell’antichità e più avverato del passaggio dei Siculi italici nella Sicilia, tutto che riferito dagli scrittori con molta varietà di circostanze.
E sopra questo fatto han pure i mitologi personificato, alla lor maniera poetica, un Itlao Ligure), un Siculo (Ligure), e un Morgete, alternativamente regi d’Italia, di Sicilia o di Enotria; e in oltre tessuto narrativa strana della fuga di Siculo da Roma per recarsi al re italiano Morgete. Ma quantunque i Siculi fossero in effetto scacciati per la sola forza, l’uscita loro dalla penisola dovette succedere di necessità a grosse bande in tempi diversi; né tutti tragittarono il mare ugualmente. Quando i Locresi, nel primo secolo di Roma, se ne vennero erranti al capo Zefirio, vi ritrovarono là presso il monte Esope stanziati i Siculi.
E fino al tempo della guerra del Peloponneso altri siculi abitavano ancora nella più antica e meridionale Italia. Così pure in fuggendo dà luoghi presso il Tevere era rimasa colà una qualche porzione di loro, mescolatasi col nuovo popolo latino: principalmente a Tivoli e in terre d’intorno. All’opposto tutti coloro che transitarono in Sicilia vi si posarono con fermo stato. Talune denominazioni patrie recatevi da esso loro, vi si conservano inalterabilmente di secolo in secolo, con altre reliquie di questa terra.